Io
e mia moglie Josi stavamo cercando casa e un punto commerciale da
affittare a Rio de Janeiro.
Nelle
nostre città italiane la differenza tra un quartiere ed un altro non
è così grande come può essere in una grande città brasiliana.
Certo,
se abitate a Milano in periferia, facciamo alla Bovisa, non è come
abitare in via dei Giardini dietro a via Manzoni, ma la differenza
non è così marcante come può essere a Rio de Janeiro tra una
favela come la Rosinha o nella "Baixada fluminense" ed un
quartiere della zona sud come Ipanema o Gavea.
Vi
sono zone a Rio dove non si va ad abitare a meno che non si sia
trafficanti di armi o di droga.

Ne
io ne Josi conoscevamo Rio e quindi andavamo un po alla cieca e
all'inizio perdemmo inutilmente un sacco di tempo.
Leggevamo
gli annunci sul giornale e segnavamo quelli che ci sembravano
interessanti: <...hei, guarda qui, c’è una casa in affitto con
giardino, muro alto, sala, due camere...il prezzo è buono, andiamola
a vedere...>.
Studiavamo
la cartina della città, identificavamo con che serie di mezzi
pubblici si arrivava sino a lì e partivamo speranzosi.
Ore
di viaggio, dico ore sugli autobus, quando arrivavamo eravamo
stremati, ci guardavamo intorno e capivamo che neanche alla lontana
appartenevamo a quel luogo, mia moglie mi proibiva di parlare che per
lo meno non venissero tutti a sapere che ero proprio straniero,
europeo addirittura, uno di quei gringos che vengono dall'altra parte
del mondo per farsi spennare ed arrostire subito subito.
Non
potete aver idea dove a volte capitavamo, ci
facevamo piccolini sperando nel dono dell'invisibilità e quatti
quatti, bassi bassi, in punta di piedi, salivamo sul primo autobus
che se ne andava da lì, sotto gli sguardi di tutti ma approfittando
del loro stupore e sorpresa dovuti alla fortuna di vedersi
improvvisamente due vittime sacrificali che gli cadevano dal cielo. I
gonzi settimanali.
Quando
l'autobus ripartiva e gli eravamo ormai sgusciati dalle dita non si
erano ancora ripresi dallo shock. Ci sembrava di captare i loro
pensieri: <Perbacco, sti gringos stanno diventando furbi...>.
Ci
trattenevamo dal fargli le pernacchie dai finestrini, prrrrr...
prrrr...
esperienze
vissute, Rio de Janeiro, Brasile, favelas, Copacabana, viaggi
avventurosi, viaggi nel mondo,
Quando
tornavamo nel nostro appartamentino a Copacabana ci mettavamo in
costume da bagno ed


Noi
a Milano usciamo sul balcone di casa oppure nel mese d’agosto
andiamo in gita a Lambrate ma non è la stessa cosa.
Sulla
grande Avenida Atlantica che costeggia le spiagge con gli ampi
marciapiedi si vedono passare ogni tipo di persone, per noi spesso
abbigliate nelle forme più inusuali. In Brasile in generale le
persone danno meno importanza a come si vestono che non in Italia.
Nello Stato della Bahia non ne parliamo, il direttore di banca va al
lavoro in ciabatte, pantaloncini corti e canottiera che nel suo
ufficio si toglie appena può per mettersi comodo e ricevere i
clienti importanti mentre mastica uno stuzzicadenti.
Forse
solo la città di São Paulo ha lo stesso ristretto conformismo del
vestirsi “per bene” simile al nostro. Non conosco Brasilia. A Rio
de Janeiro invece l’esasperata cultura dell’apparenza si dirige
semmai alla cura fisica del corpo. Se lo scolpiscono in palestra e
facendo sport sulla spiaggia.
Ne
sono orgogliosi e lo mostrano il più possibile, come noi invece
mostriamo il nostro “look” alla moda di Dolcino e Gobbino (o
preferite il doppio petto blu del nostro psiconano nazionale?).
Rio
de Janeiro ha queste due facce: è una vera grande metropoli e
contemporaneamente è pure una vera città di spiagge, mare, vacanza.
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