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Un blog di avventure vissute, viaggi, esperienze fuori dall’ordinario in tanti paesi, opinioni e indicazioni. Il mondo è differente: clima, gente, natura, erroneamente pensiamo che il mondo sia più o meno uguale ma non è cosi. La vita può essere enormemente ricca di nuove esperienze, di scoperte e d’intense avventure. La televisione di reportage esotico non basta, la conoscenza da Xerox è illusoria perchè la mappa non è il territorio, al contrario l’esperienza del nuovo e l’antropofagismo culturale amplia la mente e dissolve il conformismo. Sperimentiamo l’intenso così da poter dire: "Ho vissuto cose che voi legati al mediocre conosciuto non potete neanche immaginare".

lunedì 14 maggio 2012

LE MIE AVVENTURE: DA PUNTA CHIAPPA ALLA REPUBBLICA DOMINICANA



Negli anni 80 mi trasferii nella Repubblica Dominicana per insegnare all’università.
Vivevo sul monte di Portofinoed ottenni la cattedra di psicologia clinica all’Università Tecnologica di Santiago (U.T.E.S.A.) nella Repubblica Dominicana. Inoltre l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (O.I.M.) e un’altro Organismo Internazionale l’Istituto Italo Latino Americano (I.I.L.A.) avevano un programma per fornire aiuti ad università ed istituti di ricerca latino americani. Riuscii ad entrare nel programma ottenendo così vantaggi economici e copertura diplomatica.
Feci le valige e partii abbandonando la mia meravigliosa casa a strapiombo sul mare a Punta Chiappa. 
Dopo una tappa di dieci giorni a New York arrivai via Miami a Puerto Plata, città sulla costa Nord della Repubblica Dominicana, più vicina a Santiago de los Caballeros mia meta finale che non la capitale Santo Domingo. Ore d’attesa aspettando il pulmann per Santiago nel primo pomeriggio, occhiali da sole ed aria d’esploratore, molto molto caldo, una strada polverosa fatta di scorie e di sudore di coloro che passavano di lì, ascoltavo “Rock & Roll Animal” di Lou Reed con un walkman acquistato a New York, guardavo le belle ragazze ed assaporavo lo stupore del primo contatto con un paese tropicale. Avevo negli occhi la sicurezza degli invincibili giovani, la sicurezza degli imprudenti, la sicurezza di chi è disposto a rischiare senza rimpianti, la sicurezza che non ti tradisce anche quando mente. Stavo iniziando una nuova avventura e provavo una particolare eccitazione, senso di pienezza ed intensità di vita dalle quali ormai sono dipendente. Quando al contrario le situazioni diventano monotone, ripetitive e piatte, comincio ad entrare in crisi d’astinenza, mi deprimo, soffro, scalpito sbuffo ed appassisco.
Al contrario, lo scoprire, il condimento dell’avventuroso, i nuovi mondi e le nuove sensazioni mi fanno rinvenire come funghi secchi messi ammollo nell’acqua.
Ricordate sempre il motto di Ernest Hemingway. “vivere veramente, non puramente trascorrere i giorni”.
Dopo due ore di pullman arrivai a Santiago, una cittadina di 500.000 abitanti nell’interno del paese distante circa 300 chilometri dalla capitale Santo Domingo. C’era ad accogliermi Manolito, il Preside della Facoltà di Psicologia.
La città era provincialotta, abbastanza tranquilla, non lontano dalle belle spiagge della costa nord del paese, era dominata da un grande obelisco fallico costruito su una collina a propria gloria dal recente dittatore Truillo. La strada che gli girava intorno era zona frequentatissima di “struscio”, ci si andava per “cuccare”. Più in basso vari chioschi preparavano ottimi pollastri alla brace che smisi di mangiare quando seppi dei bambini di 5 anni coi seni sviluppati come matrone dovuti agli ormoni utilizzati nell’allevamento dei pennuti. Poco tempo dopo fu meta di pellegrinaggio dei trans brasiliani che cercavano segreti risolutori.
La prima settimana fui ospitato da Liliana e Rolando, una gentile e simpatica coppia, lei argentina e collega all’università.
Il giorno seguente sarei stato presentato al corpo docente e ai miei studenti, nel frattempo mi avevano assegnato anche le cattedre di “Psicologia dell’età evolutiva” e di “Psicologia Animale”.
L’indomani Manolito mi accompagna in aula dove c’erano una cinquantina di studenti, parla per cinque minuti, bla bla bla, mi presenta e si commiata. Io faccio per uscire insieme ma lui mi ferma dicendomi che potevo iniziare la lezione. Non me l’aspettavo, pensavo che avrei avuto qualche giorno per prepararmi, così all’improvviso..., in seguito io e Manolito diventammo molto amici ma in quel momento lo odiai.

Non c’eravamo letteralmente capiti, io lo spagnolo mica lo parlavo. Cinquanta persone in silenzio aspettavano che incominciassi la mia lezione, io non avevo ancora preparato nulla e non parlavo la lingua. Imbarazzante v’assicuro.
Che dire, che fare, che raccontare, dove andare a parare? Semplicemente iniziai a parlare in italiano raccontando del più e del meno, tanto non mi capivano. Era divertente inoltrarsi in sproloqui senza costrutto ne logica d’alcun tipo ricevendo in cambio massima attenzione, approvazione e cenni d’assenso. Mi sentivo il principe delle cazzate rivalutate, il nuovo maestro illuminato di sciocchezze, il vate supremo che dopo molti sforzi ti conduce allo stesso punto di prima, il re dell’apoteosi del falso ovvio equivocato. Gradualmente il gioco guadagnava livelli insperati aprendo di fronte a me le altezze supreme del potere di stimolare risposte assolutamente errate a conoscenze inesistenti con significati illogici opposti e contradditori.
Il mio divertimento raggiungeva il culmine ( ma non lo davo assolutamente a vedere) quando dissociavo i contenuti dai toni di voce, ciò che dicevo dalle espressioni del viso, i significati verbali dalla mimica del corpo, come un attore lobotizzato e sbronzo che volesse comunicare contemporaneamente assolute alternate menzogne sulle preferenze alimentari ad una mosca e a un rospo con difetti auditivi. Era esilarante e faceva bene al senso di potere dell’io: orchestravo gli ascoltatori al mio volere, inducevo risposte completamente errate rispetto al verbalizzato, li dirigevo in cammini alterati di somma pazzia interpretativa. Raccontavo di immani tragedie inventate ridendo allegramente e stimolando così l’illarità dei miei ascoltatori ignari dei significati espressi ma predisposti alla leggerezza di una presupposta barzelletta. Mi rattristavo corrugando il viso e piegando in basso gli angoli della bocca con gli occhi tristi e lucidi di pianto e di commozione mentre esponevo le mie più divertenti e scabrose barzellette. L’auditorio rispondeva correttamente ai segnali che riconosceva ma in forma assolutamente paradossale rispetto ai contenuti verbali. Raccontavo di esilaranti sciagure e di tragiche allegrie con la convinzione di un profeta birbone ed invasato d’assurdo.
Rivelavo le nevrosi dei maggiori eroi dell’umanità causate dagli eccessi di sudorazione e svelavo l’indicibile angoscia del bradipo in una palestra di body bilding, sapete voi come aveva reagito Puppy il cagnolino mascotte di Giulio Cesare nell’apprendere la romantica estinzione dei Brontosauri?
I miei studenti mi ascoltavano assorti consci della profondità e dell’importanza del momento formativo, sottolineavano con cenni comprensivi le mie più incredibili allucinate fantasie con la preoccupazione di darmi l’impressione d’aver appreso tutto, asserivano seriosi ai miei giochi comunicativi arricchendosi di bizzarre disordinate accozzaglie dialettiche.
Ero il sommo orchestrale delle menti degli uomini.
Andammo avanti così per diversi giorni nell’equivocata comprensione reciproca ma io gradualmente incominciavo ad imparare qualcosa di spagnolo e loro qualcosa d’italiano, sino a che raggiungemmo insieme un punto intermedio d’accordo e di comprensione soddisfacente.
Eravamo finalmente pronti per addentrarci nelle materie didattiche e il gioco del santone tutto poderoso terminò.
Andammo avanti così per diversi giorni nell’incomprensione reciproca ma io gradualmente incominciavo ad imparare qualcosa di spagnolo e loro qualcosa d’italiano, sino a che raggiungemmo insieme un punto intermedio d’accordo e di comprensione soddisfacente.
Eravamo finalmente pronti per addentrarci nelle materie didattiche.
Ci furono naturalmente sempre piccoli ostacoli linguistici, lo “Spinarello” per esempio (non è quello che pensate voi), non riuscii mai a scoprire il nome spagnolo di questo piccolo pesce famoso nell’etologia animale, ma che importava?
Una settimana dopo affittavo un appartamento insieme a Lucio, un biologo italiano che insegnava in un’altra Università. Lo conobbi lì ma probabilmente ci eravamo già visti a Padova dove lui frequentava l’università negli stessi anni.

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